fbpx

Il contratto di compravendita di arredamento

avvocato arredamento

Questo articolo è stato scritto in collaborazione con:

Avv. Roberto Portesan – diritto civile

Avv. Marco Casellato – diritto penale ed ambientale

Avv. Luca Mulas – infortunistica stradale, diritto delle assicurazioni e responsabilità medica

Avv. Francesco Ferrarese – diritto del lavoro

E con

Dott. Emanuele Ingegneri – Dottore Commercialista Revisore Legale dei conti

Dott. Andrea Austoni – Dottore Commercialista – Assistenza e difesa nel contenzioso Tributario

Dott.ssa Silvia Cagnoni – Dottore Commercialista Revisore Legale dei conti

-  IL CONTRATTO DEL SETTORE ARREDAMENTO –

Elementi costitutivi - Come redigere un contratto di arredamento evitando errori e l’utilità nella prassi commerciale.

Il contratto viene definito dalla legge come “l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale” (art. 1321 c.c.). Da tale definizione si può desumere che il contratto:

-  è  caratterizzato  dall’accordo , cioè l'incontro delle volontà delle parti; tale elemento è fondamentale ed ineliminabile di qualsiasi tipo di contratto;

- si conclude tra due o più parti: non esiste contratto con una sola parte; il negozio giuridico contratto deve essere "come minimo bilaterale" potendo anche coinvolgere un numero maggiore di parti, e cioè plurilaterale (in realtà esiste la categoria dei contratti unilaterali definiti dall’art. 1333 c.c., purtuttavia fanno pur sempre riferimento ad un contratto bi- o plurilaterale con obbligazioni a carico di una sola delle parti);

- permette di costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico (tra le parti): questo è l'oggetto giuridico del contratto, ovvero ciò che le parti stabiliscono in ordine al loro rapporto;

- ha natura patrimoniale: i contratti hanno esclusivamente ad oggetto rapporti giuridici patrimoniali; non  sono  contratti,  quindi,  quei  negozi  dove  difetta  o  non  è  essenziale  l'elemento  della patrimonialità (es. regolamentazione dei rapporti familiari);

-  nel moderno diritto,  costituisce un paradigma generale  ed astratto:  infatti ha  la  capacità  di accogliere qualunque contenuto purché serio e lecito: è questa l’espressione della c.d. autonomia contrattuale prevista dalla legge (art. 1322 c.c.). In altri termini, le parti possono concludere contratti non previsti dalla legge, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela.

Gli elementi essenziali del contratto sono enunciati dall’art. 1325 c.c. e sono:

-  l'accordo  o  consenso  delle  parti:  derivante  dall’incontro  delle  volontà  (convergente)  degli stipulanti;

- la causa, ossia la funzione economico – sociale cui il contratto adempie;

- l'oggetto (ovvero la prestazione), che deve essere: possibile, lecito, determinato o determinabile;

- la forma, quando è richiesta dalla legge a pena di nullità.

Spesso mi capita di sentire frasi del seguente tenore: “Non abbiamo firmato alcun contratto. Ho solo mandato un ordine via e-mail e l’altra ditta mi ha fornito la merce.” Ebbene, questo è un contratto  vero  e  proprio.  Non  ce  ne  rendiamo  conto  ma,  nell’arco  di  una  giornata,  tutti  noi stipuliamo  contratti  senza  saperlo.  A  titolo  esemplificativo,  sono  fattispecie  in  cui  stipuliamo contratti quando ci rechiamo in bar per prendere un caffè; quando ci rechiamo dall’edicolante per acquistare un giornale o rivista, quando acquistiamo ed usufruiamo del servizio di un bus di linea o di un treno. E gli esempi potrebbero essere molteplici.

In base all’art.  1325 C.C., un contratto è concluso purché siano definiti i requisiti fondamentali (accordo delle parti; causa; oggetto) e purché sia rispettata la forma, se prescritta dalla legge a pena di nullità.

In realtà, il nostro Codice civile prescrive l’obbligo della forma scritta solo per pochissime tipologie di contratti.

La disposizione più significativa in tema di forma può essere individuata nell'art. 1350 c.c., il quale compie un'elencazione degli atti che si devono fare per iscritto a pena di nullità. Si tratta essenzialmente di quegli strumenti negoziali che abbiano come effetto quello di costituire, modificare od estinguere in qualsiasi modo la proprietà, gli altri diritti reali di godimento su beni immobili, ovvero diritti personali di godimento quali l'anticresi e le locazioni che eccedano il novennio.

Negli altri casi non regolamentati espressamente dal Codice Civile è possibile concludere accordi con effetti giuridici con forme diverse da quella scritta.

Di conseguenza, costituisce un contratto qualsiasi accordo concluso anche informalmente tramite semplici scambi di corrispondenza commerciale, purché sia chiaro l’accordo  delle parti su una certa prestazione e relativa controprestazione.

Come anzidetto, infatti, un contratto si può concludere anche via fax, o via e-mail, o con ordini telefonici o verbali. Un contratto è tale anche se una delle due parti tace, ma agisce dando attuazione ad una richiesta (nell’esempio di cui sopra, “l’altra ditta mi ha fornito la merce.”), e l’azione di attuazione è accettata di fatto, anche tacitamente, dal primo richiedente. Si parla in tal caso di contratto stipulato “facta concludentia”.

Ovviamente i contenuti di un contratto scritto concluso in un unico contesto di luogo e di tempo (contratto “a firma contestuale”) – ovvero il contratto tradizionale con un titolo, l’individuazione delle due parti contraenti, vari articoli e la firma dei due contraenti - rende più agevole stabilire qual era la reale volontà delle parti. Ed invero, il rischio dell’insorgere di una controversia è più elevato qualora, seppur vi sia un contratto scritto, da questo non si desume chiaramente quale sia stata la volontà delle parti. È per tale motivo che ritengo sia imprescindibile l’utilizzo di un linguaggio più chiaro e preciso possibile (ad esempio evitando di utilizzare termini che possano dar adito a più interpretazioni) nel redigere un contratto tra due o più parti. Richiamo l’attenzione altresì nell’utilizzo corretto di parole e/o frasi in lingua diversa da quella italiana, poiché l’inserimento di questi ultimi potrebbe essere fonte di dubbi interpretativi e, di conseguenza, di contestazioni da parte del contraente che non ha predisposto le relative clausole.

È  bene precisare che, un contratto rappresenta la convergente volontà delle parti da cui scaturiscono diritti ed obblighi. Provare a posteriori che una determinata frase del contratto non era in realtà voluta da una delle parti è sempre un’impresa ardua, se non impossibile in determinate circostanze. Pertanto, prima di sottoscrivere un contratto è necessario rileggerlo bene parola per parola di talché, in caso di dubbi interpretativi, si potrà procedere con eventuali modifiche e/o integrazioni.

Un contratto concluso verbalmente, invece, porrà, in caso di contestazione, molteplici problemi essenzialmente ai fini probatori (sarà infatti più complesso dimostrare l’esistenza di un contratto e gli elementi essenziali a questo connessi).

Generalmente, ogni azienda di arredamento, nello svolgimento della propria attività industriale o commerciale, deve stipulare nel tempo, con diversi partner o Clienti, contratti aventi una certa caratteristica di ripetitività. Spesso in tali contratti sono maggiormente variabili i contenuti tecnici o commerciali, mentre le clausole legali – per tipologia di contratto – variano meno. In questi casi, è opportuno, se non indispensabile in certe realtà societarie, munirsi di un buono standard contrattuale.

L’utilità di disporre fin dall’inizio di uno strumento-base contrattuale, redatto da legali, garantisce:

  • un vantaggio nelle trattative: chi effettua la prima proposta completa parte comunque da una posizione iniziale “privilegiata”, anche qualora il proprio standard – o le proprie “condizioni generali” - non vengano accettati come tali e quindi divengano solo una base di successiva discussione contrattuale.;
  • una maggiore celerità delle trattative commerciali;
  • imposta il “sistema operativo” di riferimento per tutte le transazioni commerciali che perfezionerà con i singoli Clienti;
  • la traduzione in formulazioni chiare e comprensibili dei principali elementi che potrebbero dare luogo a discussioni lasciando il minimo spazio a possibili “controversie” e/o “appigli” su cui si basano le osservazioni della controparte;
  • l’eliminazione del rischio che accordi commerciali pre-contrattuali già  raggiunti debbano  poi essere modificati per motivi strettamente giuridici, sconosciuti agli operatori non legali.

Le aziende di arredamento più piccole non devono temere di presentare fin dall’inizio un proprio standard contrattuale a partner con dimensioni più grandi, per un erroneo senso di inferiorità. Anzi, l’invio iniziale di uno standard ben  fatto  dimostra  la  serietà  e  la  buona  organizzazione  dell’azienda.  Il  testo  verrà  poi eventualmente modificato nelle trattative, ma gli operatori disporranno comunque di un testo-base di riferimento e potranno sempre rivolgere apposito quesito ai  legali se il partner insiste per l’adozione di un testo molto diverso. È però importante che si tratti di standard studiati da legali esperti e redatti espressamente per le necessità specifiche dell’azienda;

  • offre un’immagine positiva, trasparente e professionale della società favorendo il rapporto commerciale che si instaura con i soggetti acquirenti.

Purtuttavia, per ottenere i vantaggi suelencati è necessario comprendere a fondo l’effettiva attività societaria per poter approntare in modo specifico la tutela più adeguata alla realtà in cui l’azienda si trova ad operare quotidianamente. Orbene, ancor prima di un modello standard contrattuale è utile, al fine di estendere gli effetti di determinate clausole delle quali una società vuole avvalersi, munirsi di un modello standard di condizioni generali di contratto. Infatti, tali clausole potranno essere applicate a qualsivoglia contratto (che disciplinerà più nel dettaglio i rapporti tra le parti) sottoscritto con un potenziale Cliente.

L’art. 1341 codice civile, intitolato per l’appunto “condizioni generali di contratto”, al suo primo comma sancisce il cd. obbligo di trasparenza e conoscibilità di tali condizioni, mentre, al suo secondo comma, contiene un elenco di clausole, definite in dottrina e giurisprudenza come “vessatorie”, le quali, oltre ad essere, come le precedenti, imposte da una parte  e “subìte”  dall’altra,  sono caratterizzate  dall’essere  particolarmente  gravose  per  il mero sottoscrittore. Ai sensi del primo comma dell’art. 1341: “le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza”.

La norma in questione può essere tradotta in questi termini: le norme che una parte predispone per regolare in modo uniforme i propri rapporti con una pluralità di possibili contraenti, non devono necessariamente    essere    realmente    conosciute    dal    singolo    sottoscrittore    all’atto    del perfezionamento del contratto, essendo sufficiente che il predisponente abbia adottato tutti gli accorgimenti necessari a consentire al futuro contraente di essere posto nelle condizioni di conoscere tale regolamento contrattuale.  Di talché, se il predisponente ha garantito la possibilità di conoscenza, l’aderente non potrà opporgli l’ignoranza della o delle clausole, che pertanto saranno efficaci nei suoi confronti, a prescindere dalla effettiva conoscenza di esse.

Qualora  l’aderente  (quindi  la  parte  contrattuale  debole)  eccepisca  e  faccia  valere  la  non conoscibilità di tali condizioni contrattuali, e quindi la violazione dell’obbligo di trasparenza sopra meglio descritto, la sanzione sarà quella della inefficacia della clausola, che pertanto non potrà essere invocata ai fini della regolamentazione del rapporto contrattuale, e sarà improduttiva di effetto tra le parti.

Quanto appena suesposto riguardano le condizioni generali di contratto. Qualora invece nel contratto si inseriscano clausole c.d. vessatorie, proprio perché particolarmente gravose per il contraente debole, non solo devono essere rese conoscibili (come è previsto, in generale, al primo comma) ma devono essere oggetto di specifica approvazione per iscritto da parte dell’aderente.

Ma perché risultano essere più gravose? Lo sono in quanto, in deroga alla disciplina legislativa, impongono  limiti  ed  obblighi  maggiori,  ovvero  creano,  a  vantaggio  del  predisponente,  delle posizioni di favore ingiustificate, creando uno squilibrio sostanziale tra le parti. A questo punto è lecito porsi il quesito se clausole di tale natura siano valide ed efficaci qualora apposte. La risposta è affermativa atteso che non sono, in astratto, vietate, e possono essere inserite e regolare il rapporto negoziale purché specificamente sottoscritte.

In altri termini, perché tali clausole, particolarmente onerose e gravose, possano legittimamente regolamentare i rapporti tra le parti, e quindi siano efficaci, non è sufficiente che il contraente debole le abbia semplicemente conosciute all’atto  della conclusione del contratto e poi si sia limitato a sottoscrivere il contratto. Ed invero, sarà necessario che il contraente debole sottoscriva specificamente tali clausole apponendo, pertanto, una doppia sottoscrizione: una per l’accordo nel suo complesso e l’altra per la clausola o le clausole vessatorie in esso contenute.  Ormai da tempo la giurisprudenza ha chiarito che, “affinché sia configurabile l’approvazione specifica delle clausole

vessatorie, occorre che ciascuna delle clausole da approvare sia chiaramente individuata e richiamata,  in modo che si abbia la certezza che l’obbligato sia stato posto in grado di fermare la sua attenzione sul contenuto di ogni singola clausola richiamata”. In termini pratici, a titolo esemplificativo, non risponde alla suddetta esigenza la generica dichiarazione di avere preso conoscenza delle clausole contrattuali e di approvarle tutte.

Per tutto quanto sopra esposto, ci si rende conto che nel panorama dei rapporti commerciali regolati da accordi negoziali è indispensabile fare attenzione a molteplici aspetti giuridici al fine di potersi tutelare e non incappare in errori che possano compromettere l’esercizio  della propria attività a causa della non conoscenza, o conoscenza parziale, delle norme che regolano i rapporti giuridici.

Avv. Mattia Renda

 

Arredabook è una web-agency specializzata nel digitale, nel marketing e nella creazione di siti web (che raccolgono contatti profilati e li convertono in clienti) specifici per il settore arredamento. In pratica, aiutiamo aziende e professionisti ad acquisire più clienti attraverso contenuti gratuiti, informazioni utili, corsi di formazione, affiancamento di aziende e professionisti, progetti e consulenze di Marketing.

Fondata nel 2012 da Arianna Trombini, è oggi la più affermata agenzia in Italia di Marketing e di Sviluppo di presenza sul web specifica per il settore arredamento. Per visualizzare le risorse utili ed i progetti ti consiglio di visitare le pagine dedicate a Come Vendere nell'Arredamento, Siti Internet per Arredamento o a testimonianze dei nostri clienti. In questo sito potrai trovare anche i feedback e le ultime testimonianze dei nostri clienti.


Tutti i contenuti sono riservati, la riproduzione anche parziale senza consenso scritto è vietata e sarà perseguita.

ARREDABOOK S.R.L.s
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Numero REA RO - 433396
C.F e Reg. Imprese 01599420294
Sede Legale in VIA G. FALCONE 531
45030 Pontecchio Polesine (RO)
PARTITA IVA IT 01599420294
C.F. 01599420294
Cap. Soc. 9.000€

Altri siti web di Arredabook:  venderenellarredamento.it | marketingperarredamento.it sitiinternetperarredamento.it
Privacy & Cookie Policy
Contatti

Scrivi qui i tuoi dati.

Compila i campi!

name:
email: